CRITICA


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 UNA VOLTA HO SENTITO…











Una volta ho sentito parlare del seguente gioco: immaginate di essere i prescelti per un viaggio nel Cosmo. La navicella spaziale che vi trasporterà fatica a sostenere il peso delle idee, i ricordi devono essere leggeri ed impalpabili e le ideologie sono escluse assieme agli storicismi. L’astronave, moderna arca, è soltanto una scusa per restringere, nella complessità che vi circonda, il campo visivo, permettendovi di focalizzare con intensità il singolo e le storie artistiche individuali. Non è un gioco francescano o neo-minimalista, è un sistema per isolarsi e pensare alle cose che veramente contano (e non parlo dei numeri). Cosa portereste con voi? Alle vostre spalle avete una serie infinita di pit stop fatti di “fine della storia”, “tramonto delle ideologie” e “scomparsa dei grandi racconti”. Immaginiamo che Sandro Marchetti decida di giocare con noi e che questa mostra faccia parte dei preparativi per un viaggio. Il nostro viaggiatore, visto che è un artista, porterà con sé il ricordo di infinite tele, specchio senza amalgama di argento, vero strumento collettivo di evocazione, dove ogni forma, ricorda ad ognuno una cosa diversa, permettendo il riemergere di quello che di nascosto abbiamo nell’anima. Dietro il ricordo ci sono diversi livelli, disposti come sostanze sedimentate: immagine, materia, colore e segno. Il ricordo dell’artista, che poi diventa rappresentazione, non è una raffigurazione, non è una trasposizione letterale del reale (operazione comunque impossibile), è astrazione volontaria e non casuale . L’artista intende volutamente astrarre, non per comodità, ma al contrario per rappresentare al meglio una complessità che si pone fra il proprio destino individuale e la molteplicità dei racconti. L’astrazione infatti, permette di evocare ed avocare liberamente. La materia ,circoscritta nella tela, si fa memoria nell’eterno gioco del cambiamento. Il gioco è una parola chiave, come il mettersi in discussione: esso permette lo sperimentalismo con colori e mamma-tela, sedimenti e buchi di memoria, vuoti o pieni di colore, lacerazioni profanatorie, tradizioni di ago e filo reinventati quasi per attualizzare la tela dando ad essa “una conferma”. Le corde sono uno strumento di mediazione nei vari livelli della tela. Esse sono uno strumento temporale con una doppia funzione: dare spazio alla tradizione e insieme di avere la funzione di segno a più dimensioni Convivono senza contrasti il lato simbolico, materiale , spirituale e storico... Il colore è pazientemente manipolato, decantato , quasi mimetico. Il suo tempo coincide e simula quello dei processi naturali come le alghe seccate su una chiglia, come combustibile versato sulla superfice del mare, come ruggine sugli abiti, come intonaco stanco e dimenticato. Non si tratta né di tempo sincronico né di tempo diacronico: è tempo biologico, perfettamente scandito anche nella diversità delle tele fra loro. Non esiste nessuna volontà di superamento ma il desiderio di ritualizzare il vissuto. Ed è per questo che gli oggetti di uso comune li vediamo trasparire sulla superficie dell’acqua, appena distinti, accennati. La completezza, infatti, non fa sognare: è l’assenza, la provvisorietà e l’indistinto che danno il via ai nostri sogni e ai nostri viaggi. Il gioco per ora è finito. Voi cosa portereste nella valigia spaziale?


Presentazione in catalogo per la mostra “La dimensione del segno”- Villa Scarzella” 1999- Millesimo (Sv)

URSULA DE GASPARI



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ONCE I HEARD…”






 

 

 



Once I heard a story about the following game: imagine being chosen to make a journey to tne Cosmos.

The spacecraft that will transport you finds it difficult to support the weight of ideas, memories must be light and very fine and ideologies are excluded together with historicism. The spacecraft, a sort of a modern ark,is only an excuse to limit, into the complexity that sourrounds you, the field of vision,allowing  you to focus the single and the individual artistic stories.  This is not a humble game,it’s a method suitable for living apart and for thinking about things that really matter (and I’m not referring to numbers).

Wath would you bring with you?

Behind your shoulders you have an endless series of pit stop full of “end of the sory”, “sunset of ideologies”, and disapperance of great tales.

Imagine Sandro Marchetti deciding to play with us and that this art exhibition is a part of the preparations necessary for a journey. Our traveller, as he’s an artist, will bring with him the memory of infinite canvas,mirror without amalgam of silver,real collective instrument of evocation, where every form like in a psychoanalysis session,reminds everyone of a different thing,allowing the rise of what is hidden in our soul. There are different levels behind the memory:image,material, colour and sign.

The memory of the artist, that afterwards becomes representation, is neither a symbolisation nor a litteral transposition of  the real(impossible operation in any case), it is voluntary and not accidental abstraction. The artist deliberately intends to abstract, not for convenience, but to represent better a complexity that put itself between individual destiny and the moltitude of  tales. Abstraction allows, in fact,to evoke and to take on freely.

Material,circumscribed into the canvas,becomes memory in the eternal game of change.

Game is a key word, as putting you to the test: it allows the experimentalism with colours and mother-canvas dregs and holes of memory, empty or full of colours, profane wounds, tradition of needle and thread reinvented to make it actual, giving it a confirmation.

Ropes are mediation instruments in the different levels of a canvas; they are a temporal instrument with a double function: giving voice to tradition and, at the same time, having the function of signs at more dimensions.

The symbolic, material, spiritual,and historical side live thogeter without conflicts.

Colour is mixed, extolled patiently, as if it was mimetic. Its time goes together and pretends the one of natural processes like seaweeds dried up on a keel, like fuel poured on the surface of the sea, like rust on clothes, like tired and forgotten plaster.

It is not a matter of synchronous nor diachronic time: it is biological time perfectly

scanned even among the variety of  canvas. No willingness of overcoming exists, but the desire of making real life actual.

And it is for this reason that we see the objects of common use as if they were appearing through the surface of water, scarcely distinct, sketched.

Completeness, infact,does not make us dream:absence, provisional nature and the indistinct start our dreams and our travels.

The game is over, for the moment.

What would you bring with you in the space suitcase?

 

URSULA DE GASPARI

 -Advertising Manager-



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  POESIA MISTERO ED AUTOIRONIA
  
  Riflessioni di un amico né critico né artista












Da circa trent’anni sono amico di Sandro Marchetti   e, per usare una espressione corrente, un utilizzatore finale dei  suoi  lavori.  Vi capitasse per caso di venire a casa mia, notereste per prima cosa  le pareti piene dei quadri di Sandro  rappresentativi dei diversi periodi della sua ricerca artistica. Spesso li ho visti nascere e li ho scelti ancora prima che essi assumessero la loro forma definitiva.  
Mi piacciono perché mi parlano del passato, del presente ma anche del  futuro . Trovo in essi la classicità ed il moderno, la velocità ed il mito, la malinconia e la gioia, il sogno e la realtà. Soprattutto vedo poesia , tanta poesia  mescolata ad una notevole dose di autoironia che rende alla fine tutto più facile, comprensibile e condivisibile.  Sono stato e lo sono tuttora testimone dei lavori di Sandro sempre al servizio dell’Arte, non cedendo mai, novello  Ulisse,  alle lusinghe delle moderne sirene. 
Ma  ciò che personalmente provo quando, tranquillo, guardo i suoi quadri è la musicalità che scaturisce dalla sinfonia di quei colori. Mi sovviene allora Mozart per l’estro e l’originalità. Federico Fellini, in “Prova d’orchestra”, fa dire al direttore:<<tutta la musica è sacra ed ogni concerto è una messa>>. Per me , e non voglio esagerare, tutta la pittura è sacra ed ogni  mostra di Sandro  Marchetti è una piccola grande messa!!

      L’ Amico Alberto Alessi                                                                                         

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  “LIBERAMENTE”
    UNA STORIA LONTANA
















Dalla visita della mostra di Carcare presso le sale di Villa Barrili

Le mostre non si disertano, il principio basilare per chi ama i racconti non convenzionali. Infatti, un quadro in questo caso, è una storia che attraverso linee, forme e colore racconta le emozioni dell’artista filtrate attraverso la sua sensibilità e posate su un supporto che più si adatta al momento in modo che il visitatore possa raccoglierle e farle sue.

Entrato nella prima sala mi sono trovato di fronte ad una serie di quadri di piccole dimensioni in cui il colore a forti tinte è racchiuso in piccole e libere forme, fluttua sospeso in mezzo a grandi spazi che invadono quasi tutta la superficie di fondo; c’è contrasto, ma si nota immediatamente che è un contrasto equilibrato che rispetta con eleganza e capacità l’insieme.

Si intuisce subito che la pittura di Marchetti è sapiente e che parte da una storia lontana di studio e di manualità e che nulla è dato al caso, ma che tutto è voluto e controllato pur nella massima libertà d’espressione, anche quando l’artista si serve dei più svariati materiali per comporre l’opera: spaghi, tessuti o stoffe non preziose che puoi trovare nel quotidiano, come quotidiane sono le storie che raccontano i suoi quadri.

E poi i tagli nella tela, con intenti completamente diversi da quelli di Fontana, infatti quello che si coglie oltre la tela sono spesso stoffe colorate, che ben si sposano con l’insieme dei primi piani e che l’autore tiene uniti con sapienza ed eleganza (“Se te vesti na fassina la pare na rejna”, della serie “Padus in fabula”).

Per tutte queste componenti i quadri di Marchetti seducono chi li guarda perché da essi traspare chiaramente una pittura dotta, non rumorosa ,ma intima e personale.

Così nel prosieguo delle sale ci si imbatte in opere in cui la sua terra d’origine, il Polesine è ben rappresentata da toni sommessi che vertono verso grigi azzurro –verdi e raccontano paesaggi della memoria avvolti con delicatezza da una soffusa nebbia dalla quale escono forme che non dimenticano la lezione di una antica e sapiente scuola pittorica. E poi i rossi su fondi neri i tagli di luce improvvisa ( i lavori di ricerca sull’informale, lavori degli anni ’90), le diverse tecniche felicemente coniugate fra loro; insomma una visione d’insieme che lascia il visitatore incantato ed arricchito da queste storie raccontate attraverso e con il colore.

ALDO MEINERI - Artista -

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 “Arte90sette” 
   Mostra collettiva Municipio di Savona 1991












C’è sempre un nucleo oscuro, emozionale ,un dualismo interiore fra 
senso del tessuto pittorico e significato dell’immaginario ,negli interventi “informali” di Sandro Marchetti, lavorati con gusto ricercato ,con particolare attenzione al colore e alla materia. 

Se la Natura appare pretestuosa e se capita all’ osservatore di decifrarne la segreta essenza metafisica ( in senso filosofico e con l’aura simbolica che avvolge come in certi Frederick), è perché le opere di Marchetti ,oltre la soglia della creazione artistica vera e propria, lasciano sempre un margine di indefinito, di surreale.

In sintesi ,per quanto una introduzione può di per sé tentare un chiarimento o una qualche definizione, mi pare di poter avvertire in generale, per le opere qui esposte, una dialettica di motivi internamente e interiormente scanditi, le ragioni di una vitalità da considerare protagonista nella sostanziale espressività del nostro tempo. 

Germano Beringheli 









     Critica Ceramiche

     "Il richiamo delle terre"
      Riccardo Zelatore
   














"Il richiamo delle Terre"
L'avventura plastica di Sandro Marchetti sembra essere affidata quasi interamente alla superficie anche nelle manifestazioni evidentemente tridimensionali. E' il sottile godimento grafico che, sempre presente nel nostro artista, offre un'epidermide elaborata, densa di colore e prenia di minuti detriti, tracce fossili, reperti e simulacri che ci lasciano l'ambiguità di dovere capire se siano sospinti lontano dal corpo/supporto principale o magnetizzati da esso. Con una mano l'artista concentra, solidifica, con l'altra incunea, aricchisce, decora.
Ritmi leggeri e fantasiosi coesistono con codici primigeni, in una proiezione tautologica di un passato che è già disciolto nel presente. Il tema del risalimento coinvolge direttamente il linguaggio plastico e grazie alle virtù di un materiale tradizionale come la terra cotta i camminamenti imprevedibili della memoria inconscia si concretano in opere vitali.


Riccardo Zelatore



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